Amedeo Sanzone. Nato nel 1968 a Napoli. Dove vive e lavora.
Inizia la sua attività di pittore nella bottega d’arte paterna, affiancando ad una esperienza diretta e manuale del dipingere un percorso di studi interamente improntato ad una ricerca artistica. Dopo la maturità d’arte applicata e il diploma di laurea conseguito all’ Accademia di Belle Arti di Napoli, approfondisce gli studi di “estetica” attraverso il conseguimento della laurea in filosofia presso l’università Federico II di Napoli. La sua ricerca artistica muove da un’indagine figurativa per approdare ad un linguaggio rigoroso e lineare, formatosi alla bottega paterna prima di intraprendere studi artistici e filosofici, non ha mai abbandonato la tradizionale concezione dell’arte come creazione congiunta delle mani e della mente. Proprio la filosofia ha esercitato un influsso notevole sulla sua produzione, che progressivamente si è liberata dalle ‘incrostazioni’ pittoriche in cerca di una dimensione spirituale soggiacente.
Oggetto della ricerca è l’equilibrio che intercorre tra un’applicazione, lo spazio nel quale essa è immersa e dal colore. Equilibrio che in realtà nasconde una forte tensione mistica e la fragilità di un’armonia che può perdersi in qualsiasi momento. La funzione principale dell’applicazione è quella di rappresentare un riferimento fisico da cui partire per prendere poi coscienza, consapevolezza del vuoto di una superficie che si presenta come riflettente e specchiante. Superficie che invita ad una sorta di viaggio tra gli oggetti riflessi per rendersi conto subito dopo che in realtà è un guardare senza mai mettere a fuoco nel buco nero della nostra memoria. Avvertendo poi l’esigenza di aggrapparci di nuovo a quel elemento fisico, a quell’applicazione che ci permette appunto di riappropriarci del nostro fragile equilibrio. E’ la nostra coscienza, la profondità della nostra anima ad essere rappresentata. Così lo spazio della superficie diventa lo spazio della nostra esistenza, il luogo nel quale ritrovarsi soli con se stessi.
Una superficie monocromatica richiede una visione di natura contemplativa, la dimensione del silenzio, il raccoglimento, l’introspezione sono condizioni senza le quali diventa difficile entrare in sintonia e stabilire un contatto. È necessaria una atmosfera di intimità. Nulla deve distogliere, distrarre. L’ascesi, intesa come momento di distacco, è sicuramente una condizione per cogliere il senso di assoluto a cui si rinvia attraverso una ricerca maniacale di perfezione, rigore e purezza.