GIO’ POMODORO - L’opera scolpita e il suo disegno
In questo nuovo percorso espositivo, realizzato in collaborazione con lo Studio Berman di Giuliana Godio, le sculture dialogano con una ricca selezione di opere pittoriche su carta, per sottolineare l’assoluta importanza che l’artista attribuiva al progetto e all’ideazione, fasi imprescindibili da cui partire per la creazione delle sue opere.
Gio’ Pomodoro (Orciano di Pesaro 1930 - Milano 2002), artista di fama internazionale, amava e studiava la poesia e la scienza e considerava l’architettura una disciplina sorella. Da scultore ha realizzato gioielli e medaglie, ceramiche e mobili. Ha disegnato e dipinto. Ha lavorato il ferro e il poliestere, il bronzo e il gesso, le pietre e i marmi. Ha vissuto a Milano e in Versilia, vicino alle cave e ai maestri scalpellini. Le sue opere si chiamano Segni e Crescite, Quadrati e Contatti, Spirali e Archi, Marat e Hermes, Alberi e Derive.
Ma soprattutto, Tensioni e Soli. A queste deve la sua fama, dopo l’esperienza informale. Presenta i primi lavori a Firenze, nel 1954, e nello stesso anno si trasferisce a Milano. Nel 1956, con il fratello, è invitato alla Biennale di Venezia, dove ritorna nel 1962 e nel 1984. Nel 1959 ottiene il primo premio per la scultura alla Biennale dei giovani di Parigi e partecipa a documenta II. Lavora ed espone negli Stati Uniti, ma anche in Brasile e in Giappone. Nel 1967 è alla Marlborough di New York, quattro anni dopo alla Martha Jackson. La prima mostra antologica si tiene a Ravenna nel 1974, l’ultima a Firenze nel 1996. Nel 1994 è invitato al Guggenheim di New York, nel 1995 allo Yorkshire Sculpture Park e nel 1998 alla Biennale Internazionale del Cairo, mentre un’antologica dei gioielli viaggia tra Venezia, New York e Tokyo. Ama le sculture in scala umana, come la Grande folla della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; le opere monumentali, come il Sole per Galileo Galilei a Firenze; i luoghi per l’incontro e la sosta della gente, come il Piano d’uso collettivo ad Ales, il Teatro del Sole a Francoforte e il Luogo dei quattro punti cardinali nel parco di Taino. Ma, avvertiva, “ci sono piccole sculture di pochi centimetri che sono monumentali”. La sua opera più nota è la Grande Ghibellina (1965). “L’ossessione d’ogni vero scultore è il vuoto, – ricorda Pomodoro nel 1998 – il tentativo di esprimerlo o catturarlo o definirlo”. Nel 2002, per il suo contributo esemplare alla scultura, è il primo italiano a ricevere, dall’International Sculpture Center di Washington D.C., il “Lifetime Achievement in Contemporary Sculpture Award”.
Particolarmente forte è il suo legame con la città di Torino. Vi approda nell’aprile del 1968, in occasione di una mostra personale alla Galleria Martano/due: artista ormai consolidato a livello internazionale, Pomodoro affronta, per la prima volta, il mondo del collezionismo torinese. Sette mostre personali, una grande opera monumentale in bronzo, Sole Aerospazio – donata dalla Società Aeritalia alla città in occasione del XX anniversario della sua fondazione e collocata permanentemente in Piazza Adriano – due opere nella collezione permanente della GAM e molteplici altre, presenti in importanti collezioni private, sottolineano lo stretto vincolo che lega l’artista al capoluogo piemontese. Oltre a questo, il legame con Torino si è consolidato attraverso importanti e durature amicizie con critici d’arte, galleristi e collezionisti: per fare qualche nome, Angelo Dragone, Marisa Vescovo, Angelo Mistrangelo, Alberto Fiz , Giuliana Godio, lo scultore Riccardo Cordero e Ugo Toso, industriale e fine collezionista.
Per meglio comprendere l’importanza e l’unicità delle sue opere, la Fondazione Accorsi – Ometto, con questa mostra, intende affrontare la figura dell’artista partendo dal momento iniziale dell’ideazione: il Maestro, infatti, dava assoluta importanza al progetto della scultura. L’opera disegnata (il progetto, appunto), sia concepita a mano libera, in totale libertà segnica, sia rigorosamente progettata a tecnigrafo, secondo le leggi della Sezione Aurea, è sempre stata, per lo scultore, un momento indissolubile della propria ricerca, tanto da divenire opera a sé stante, che vive di vita propria per l’alta qualità pittorica che contraddistingue il lavoro di Gio’ Pomodoro pittore. Nel suo studio di Querceta o a Milano, il Maestro disponeva a terra enormi fogli di carta, fatti arrivare appositamente dalla Spagna, e, con grandi pennelli, stendeva, velatura su velatura, gli acquarelli: il rosso e il blu, il giallo e il verde, l'ocra e gli ossidi. Terminato il lavoro, l'acquarello, gigantesco, veniva montato sul telaio ed esposto a parete: i colori esplodevano come fuochi d'artificio.
I 57 capolavori in mostra, coprendo il periodo 1954 - 2001, offrono, pertanto, un esaustivo esempio di opere tri e bidimensionali dei cicli più importanti del Maestro (segni, tensioni, contatti, soli e opere architettoniche): accanto a 23 sculture in bronzo, marmo e pietra, sono esposti 30 disegni (alcuni dei quali inediti), fra i quali spicca il grande acquerello intitolato Nutritore, che rappresenta un maestoso Sole, di due metri per due.
Completano il percorso espositivo 4 preziose scatole-scultura, anch'esse inedite, in oro e pietre dure, a testimonianza del lavoro di Gio' Pomodoro nel campo delle arti applicate e dell'oreficeria.
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