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Ivan Falardi - Let's Light, la grammatica della luce - A cura di Angela Madesani gio 13 dicembre 2018 - gio 31 gennaio 2019

Il suo è un lavoro sul tempo fotografico, sulla lunghezza della posa, che è parte integrante della sua storia professionale. Falardi è uomo di cinema e in ognuna delle sue immagini questo aspetto appare evidente. Laureato in Filosofia negli anni Settanta, con una tesi sul regista ungherese Miklós Jancsó, del quale è stato assistente per un certo periodo, l’artista si è dedicato nel corso del tempo alla regia cinematografica.

Durante gli anni dedicati al cinema, la fotografia è stata uno strumento accessorio e costante nei suoi viaggi. A un certo punto del suo cammino, i 25 fotogrammi al secondo sembrano non bastargli più e il regista avverte l’esigenza di confrontarsi con il singolo frame. Così a partire dal 2013 si dedica alla fotografia attraverso il light painting. « È questo il linguaggio più adatto a scandagliare la ricerca verso l’eidolon , l’oggetto della visione che l’artista vuole sottolineare con il suo lavoro; il buio si rivelerà l’eidos, l’oggetto della conoscenza attraverso il quale il fotografo esplorerà le potenzialità di segni, forme, luci, colori», come afferma l’artista stesso.

La fotografia diviene il mezzo privilegiato per esprimersi, medium capace di sacrificare la realtà in funzione dei suoi lati nascosti, probabili e indecifrabili, ma non per questo meno rivelatori o evocativi.

«Data la natura del suo gesto, l’apparecchio fotografico non registra semplicemente un evento, ma le sue conseguenze. Il fotografo cioè può dedicarsi al gioco della macchina sfruttandone le peculiarità», afferma nel suo testo in catalogo Angela Madesani.

In galleria sono opere di grande formato tratte da alcune serie di lavori realizzati negli ultimi anni da Il ventre dell’elefante a Timeless a Grammatica della luce, che dà il titolo alla mostra.