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Vincenzo Agnetti - Alighiero Boetti - Da "A" A "B" il percorso dell'arte concettuale italiana gio 19 dicembre 2013 - ven 17 gennaio 2014

Avvicinare la figura di Vincenzo Agnetti (A) a quella di Alighiero & Boetti (B), in una mostra – per quanto “esplorativa”, e composta di opere su carta – è qualcosa di più di un accrochage formale, o di nomi ricercati e ben conosciuti: non c’è solo il dato storico e personale del fatto che i due erano amici, ma è anche il tentativo di percorrere strade diverse da quelle ormai consolidate e un po’ ingessate dei movimenti e dei gruppi, che a volte impediscono di vedere altre relazioni, altre similitudini, altre possibili aperture a interpretazioni nuove. Si dice, ad esempio, che l’arte concettuale ha solo toccato marginalmente la produzione artistica italiana, ma se si considerassero anche soltanto i due nomi di questa mostra (con qualche futura aggiunta, come Paolini, Isgrò, Nannucci…), ci si renderebbe conto che ci si trova al cospetto non solo di esempi di arte concettuale, ma soprattutto di esperienze linguisticamente autonome e innovative rispetto allo stesso mainstream dell’arte concettuale di marca anglosassone.

L’uso della parola in Agnetti, che diventa quasi oracolare rispetto all’assunto, l’ossessione combinatoria di Boetti, che trasforma il mondo in una serie di relazioni, sono manifestazioni autonome – e assolutamente coeve – di un’arte concettuale italiana che non ha nulla da invidiare al versante tautologico e semiologico dell’arte concettuale “tipica”, catalogata, accettata. Anzi, alla luce del tempo e della storia si potrebbe affermare che questo modello ha in sé maggiori potenzialità espressive, perché ha saputo coniugare il linguaggio col mondo, trovando un punto d’incontro stabile e ricco, che non privilegiasse soltanto l’aspetto logico-linguistico, ma che al contrario guardasse alla realtà “attraverso” un nuovo linguaggio, costruendo così – contemporaneamente – anche una nuova realtà.

Le opere su carta che vengono presentate sono una specie di “ballon d’essai”  di questa ipotesi, che riteniamo abbia tutte le caratteristiche di una nuova lettura di artisti ormai consacrati e di tendenze dalla potenzialità ancora inesplorate.

                                                                                              Marco Meneguzzo